La metodologia MagneticDays: una scoperta da non mollare più.
14 Marzo 2016La prima domanda che dovreste fare a voi stessi è la seguente: “A cosa servono dei rulli/trainers?”. Successivamente fatela ad altri. Vedrete le risposte, il più delle volte, collimare alla perfezione.
A novembre si inizia a pensare all’inverno, al freddo, al brutto tempo; al fatto che le giornate si accorciano e, quando si finisce di lavorare, non si può più fare la pedalata serale.
Più o meno tutti pensano ai vari rimedi per ovviare a questo periodo di inattività forzata. Palestra, spinning, qualche trasferta al mare e, infine, gli odiatissimi rulli.
E di rulli ne ho provati tanti: bianchi, verdi, rossi, gialli, fucsia e chi più ne ha più ne metta. Belli, brutti, rumorosi, silenziosi, fedeli nel riprodurre la sensazione della pedalata su strada o totalmente infedeli nel farlo. Spaziali nelle funzioni e capaci di farti vivere un’esperienza video da farti scordare di essere in casa…
Qui mi fermo, avrete perfettamente capito ciò che intendo dire. Sempre, incontrovertibilmente, rulli.
Poi ho deciso di provare i Magnetic Days (probabilmente gli ultimi o i penultimi rimasti nella lunga lista dei rulli da provare).
E il primo approccio è stato quello di attendere il recapito di un rullo da allenamento molto bello (perché lo avevo visto in foto), molto leggero (perché lo avevo letto nelle caratteristiche), molto ben costruito (perché avevo letto la storia della Gobat): fine.
All’arrivo del corriere è accaduto esattamente quello che ho scritto sopra (e che mi aspettavo): confezione in legno degna del miglior Brunello di Montalcino, rullo degno di esser messo in una teca di cristallo e leggero come una piuma ecc.
Non sto a dilungarmi: che è un bell’oggetto lo si capisce anche dalle foto. Il mio pensiero inalterato: sempre di maledetto e odiosissimo rullo trattasi.
Contatto un addetto dell’azienda e chiedo se è possibile interfacciarsi con le piattaforme web (tipo Trainerroad o Zwist ecc.) e quest’ultimo mi invita a non prendere quella strada ma a rimanere sul “sistema” (che, per me, continua ad essere – per quanto bello – un semplice trainer).
Carico il programma e butto un occhio all’interfaccia vecchiotta e superata rispetto a quanto gira oggi sul web. Vedo anche cavi in giro e la cosa non mi fa impazzire… tanto è vero che chiedo come usarlo in manuale utilizzando il mio misuratore di potenza per interfacciarmi con i sistemi presenti sul web. Poi, dopo una prima chiacchierata, il salto alla “Matrix” (la pastiglia l’ho presa telefonicamente).
Mi sono tappato il naso e ho fatto, a testa bassa, ciò che mi è stato detto di fare. Ho collegato il trainer al PC, ho caricato la sua interfaccia, ho fatto un primo test incrementale. Già quello mi è stato sufficiente per capire che vi era qualcosa di più in quell’oggetto oltre la bellezza.
Scendiamo sul piano pratico:
– ho collegato l’alimentatore e il cavo USB al PC portatile e avviato il programma;
– ho collegato (in modo semplicissimo) il mio rilevatore di cadenza ANT+ al sistema e, sempre in men che non si dica, il rilevatore di frequenza cardiaca;
– dal Cloud della Gobat ho scaricato il primo protocollo di test (operazione facilissima)
– cliccando sul pulsante start ho fatto partire il test e ho cominciato a pedalare con un rapporto 52/15 (che, badate bene, non dovrete più toccare durante l’utilizzo del rullo)
– la spartana interfaccia ha iniziato a sparare fuori i suoi dati: Watt prodotti (dato certificato da SRM, val la pena di dirlo) – tempo trascorso – cadenza della pedalata – Netwon Metri (forza esercitata sui pedali… ma di questo ne parleremo in separata sede… per me era incomprensibile questo dato), battito cardiaco
– il test incrementale viene TOTALMENTE gestito dal sistema. Inizi a pedalare alla cadenza che credi e, comunque sia, la macchina ti fa generare una potenza di 100 Watt.
– al sesto secondo la macchina (sempre indipendentemente dalla frequenza della tua pedalata e dal rapporto) fa salire la potenza generata di 1 W (quindi si sale a 101 W): non si avverte neppure il cambiamento.
Come fa? Semplice e mostruosamente complesso nel contempo. Il freno magnetico agisce su 2500 posizioni adattandosi continuamente alle pedalate dell’atleta in modo tale da generare una potenza costante e predefinita.
-In due parole: iniziamo a pedalare a 90 RPM (con un rapporto che, come anzidetto, rimane fisso) e la macchina “frena” il moto dei pedali fino a generare una resistenza di 100 Watt; dopo 6” la resistenza sarà di 101 Watt, dopo altri 6” di 102 Watt… ecc.
INDIPENDENTEMENTE dalla frequenza di pedalata ed adattando continuamente il freno al lavoro delle nostre gambe (maggiore è la frequenza di pedalata, infatti, minore è la FORZA che dobbiamo esercitare sui pedali per ottenere una determinata potenza);
All’inizio sembra di non faticare minimamente; il cuore sale molto molto lentamente come lo sforzo. Una progressione perfetta. Ci vogliono una ventina di minuti per arrivare a cavallo dei 300 Watt. E lì viene il bello; si iniziano a stringere i denti per andare avanti: devi solo pensare a pedalare; guardi il cuore che sale insieme alla fatica; vedi il tempo scorrere sempre più lentamente e i Watt che vanno su, su, su… finché non getti la spugna;
E a questo punto? A questo punto il sistema ti ha fatto una radiografia precisa, puntuale, spietata, non hai fatto solo un Conconi, dai dati è possibile capire un’enormità di cose su di te: quanta forza hai, quanta resistenza hai, come si comporta il tuo cuore, in base alla frequenza di pedalata (“come” pedali e anche questa non è cosa da poco), la tua soglia e… tutto quello che ci sta intorno.
Viene sfornato un file che viene caricato nel Cloud ed elaborato nella stanza dei bottoni (nel mio caso da Simone).
Dopo poco arriva, impietosa, la pagella che ti racconta tanto, tanto, tanto di te: sai che è una pagella sincera – in condizioni costanti – senza alcuna dipendenza dall’operatore – con un rilevamento costante ed una resistenza modulata con precisione millimetrica: “Quindi?” direte voi… quindi, con una simile radiografia, il preparatore ti sforna la prima serie di allenamenti, allenamenti da un’ora, due allenamenti la settimana.
Poca roba? Aspettate a dirlo.
Nel primo allenamento il sistema, tarato sulle mie caratteristiche, mi ha fatto fare 68 cambi di ritmo in un’ora. Dopo un riscaldamento di una decina di minuti sono iniziate le danze. Sempre il solito rapporto fisso e via. La macchina mi ha spremuto come un limone.
Nella schermata compare ciò che stai facendo – ciò che DEVI fare (attestati, ad esempio, su 70 RPM) – il conto alla rovescia di ciò che stai facendo e, di fianco, cosa ti aspetto nello step successivo.
Dopo il primo allenamento di un’ora mi è sembrato di aver fatto 5 ore di bici. Con la differenza, immediatamente percepita, di aver fatto ciò che fuori non ho MAI fatto: qualità pura, mirata, non condizionata da alcun agente esterno (salita variabile, vento, caldo, freddo, rapporto ecc.).
Ho fatto gli altri due allenamenti nel giro di una settimana. Al secondo ho capito che non avrei più mollato il sistema perché – per la prima volta – ho capito che non c’entrava NULLA con un rullo ma avevo trovato il perfetto sistema da allenamento.
Con le successive radiografie il preparatore (che conosce perfettamente le potenzialità della macchina e del sistema) lavora di fino e riesce a percepire i tuoi movimenti fisiologici (e, volendo, a percepire pure uno stato di demotivazione o stanchezza mentale).
Radiografie che sono fatte SEMPRE nelle medesime condizioni: l’unica variabile siamo noi stessi.
CONCLUSIONI
Il sistema Magnetic Days non ha nulla a che vedere con un rullo da allenamento. Nulla. E’ un sistema mostruosamente potente da abbracciare nella sua interezza ed in grado di fornire un aumento sostanziale (e soprattutto misurabile e validato scientificamente) delle prestazioni dell’atleta.
Non vengono chieste ore di alienazione con un iPod a manetta nelle orecchie. Trattandosi di lavori di qualità pura (e sofferenza garantita) sono sufficienti 120 minuti alla settimana per incominciare un percorso di crescita e, successivamente, affrontare il mantenimento della condizione.
E’ uno strumento “invernale”? Assolutamente no. E’ uno strumento da usare 365 giorni l’anno e continuamente adattabile a ciò che si vuole ottenere, in termini di performance, in un determinato periodo (picco prestazionale, mantenimento, recupero ecc.).
Quando l’azienda mi ha spiegato che l’unico modo per capire era quello di provare… beh, ho provato e ho capito. Per questo si concedono il lusso di fartelo provare col noleggio per poi decidere se acquistarlo o meno: giocano sul sicuro.
Una volta che lo hai provato non lo molli e se non vuoi mollarlo ti consiglio di evitare di provarlo.